Uccidi il tuo analista.
Riscrivi da sola la tua biografia: non contano i traumi, riviviti attraverso i momenti di gloria. Cercali, ci sono stati.
Tuo padre non ha mai abusato di te. Abusavi tu, del suo presunto dovere, del suo affetto, della sua debolezza. L’hai ripagato il giorno in cui hai fatto o non fatto qualcosa perché, solo perché, lui esisteva. Siete pari. Non hai nessun debito.
Hai eliminato il tuo bambino. Hai creato, anni dopo, il tuo bambino. Erano la stessa anima. Prova a pensare come i drusi: esiste, di anime, un numero limitato. Si è reincarnato per tornare dove era destino. Abbraccialo due volte e ogni cosa andrà al suo posto.
Uccidi il tuo analista.
Entra nella vita come nei sogni. Delle due, dimentica la realtà. E’ altrettanto trascurabile. Fluttua, ne sei capace. Non c’è bisogno di spiegazioni.
Non diventerai mai come tua madre, non preoccupartene. Di’ al tuo uomo che non ha bisogno di verificare, per calcolarsi il futuro. Se sospetti di stare con l’uomo sbagliato, non stai con l’uomo sbagliato: lo stai già lasciando.
Attenzione: nello specchietto retrovisore appari meno bella di quello che sei.
Uccidi il tuo analista.
Non hai nessun bisogno di essere cinica, di leggere una rivista per ciniche. Non sei le scarpe che porti né il lavoro che fai.
Non c’è una sola delle tue fantasie che non possa essere gioiosamente condivisa. Ci sono molte cose che non sai di te, ma non sarà un altro a svelartele. Morirai con qualche curiosità senza risposta, ma va bene così: sollecita un secondo giro. Morirai, ma hai diritto a una lunga vacanza, da qui ad allora. Non hai bisogno di un editore, scrivi la tua autobiografia vivendola, pubblica te stessa.
Uccidi il tuo analista.
E non avere rimorsi il venerdì dalle cinque alle sei.
Gabriele Romagnoli, Solo i treni hanno la strada segnata, Mondadori.
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