Ho fatto la nottata, ho seguito la diretta su La 7, e con il passare delle ore mi sono resa conto di quanto stava accadendo.
Il contadino del Kentucky che ho disturbato ieri con buone probabilità ha votato Obama anche lui.
Due sono però le cose che mi hanno colpito profondamente.
La prima: il discorso di McCain.
Alle 5 del mattino ora italiana McCain appare sul palco a Phoenix. Davanti ha una platea di facce moge e bandiere mosce. Alla sua destra c'è la Palin.
Saluta e ringrazia tutti, poi si congratula con Barack Obama, "Lo ammiro molto" - dice - "e spero di lavorare insieme a lui per l'unità del paese". Seguono ancora ringraziamenti e un'autoaccusa, "The failure is mine, not yours". Giusto, se non ha vinto ha sbagliato da qualche parte.
La seconda: Obama che vola alto sulle ali dell'ideale. Non credo di aver mai sentito tanto afflato nel discorso di un politico. Quando c'era Kennedy non c'ero io e dopo di lui il nulla.
Potreste obiettare che quale politico americano non fa riferimento ai grandi ideali della famiglia, della patria, della guerra (anche e purtroppo).
Avreste ragione.
Ma Obama ha disegnato l'idea del futuro. Una visione che fa sì che noi tutti domandiamo a noi stessi come vorremmo che fosse il mondo fra 20 anni.
Che pena il politichetto nostrano che pensa all'ICI, all'IRAP, al taglietto lì e alla scorciatina là.
Riflettete e poi chiedetevi se ricordate qualcuno (in Italia, almeno) che parli di futuro.
Di come vorrebbe il mondo per i suoi figli.
Avete riflettuto?
Fare per fermare il declino
1 settimana fa
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