martedì 30 settembre 2008

Fermo posta

Ci vorrebbe un fermo posta, per mandare la gente a quel paese senza doversi sporcare le mani con mail, telefonate o discussioni.
Vai a cagare, fermo posta.

domenica 28 settembre 2008

La saga del formaggio e l'inviato del taleggio

Sicuramente ai più attenti di voi non sarà sfuggita la notizia della "cheese connection".
Tonnellate di formaggio avariato che, percorrendo la via che fu della seta, dalla Russia e dalla Cina arrivano a Ceuta, passano ad Algeciras e da qui al mercato europeo fino all'Italia.
Tutti i grandi marchi sono coinvolti, in particolari quelli forti nella nicchia del grattugiato pronto (Ferrari, Biraghi).
Ma questo lo sapete già, forse anche grazie alla meritoria opera di Paolo Berizzi, giornalista di Rep, che da luglio (leggete qui) ci racconta i truculenti dettagli della vicenda.
Passate le vacanze Berizzi ce ari-prova, (ari-leggete questo). E tu pensi: ok, ne so abbastanza.
Berì, m'hai convinto. Col cavolo che ricompro la bustina col parmigiano avariato.
Ma Berizzi, che ormai deve averci qualcosa di personale col formaggio, ritorna sull'argomento, casomai qualcuno fosse ancora all'oscuro, sabato scorso (ieri).
E stavolta il racconto è completissimo. C'è pure una mappina che ci mostra la rotta del formaggio scaduto, con tanto di freccine che andano e riandano. Ma questo è merito dei grafici di Repubblica che meritano un post a parte.
Insomma, Berizzi. Basta. Ti giuro che il formaggio dei cinesi non lo compro più. Promesso. Da ieri solo formaggio di fossa, bitto doc e taleggio. Pur di non leggerti più.

C'era una volta Ariadni

Non pensate che questo sia il mio primo blog.
No.
La pigrizia ne ha uccisi un bel pò. E questo era l'ultimo.
Non so dire se sia cambiato tutto o proprio un bel niente.

sabato 27 settembre 2008

Crociata

Il nuovo capo della Cei. Sarà l'uomo del dialogo.

Astanteria

Potrebbe essere il titolo della ennesima nuova serie di fiscion ambientate in ospedale.

giovedì 25 settembre 2008

Stile Libero

Lo so, lo so, sono cose che non si fanno. L'ho fatto, e allora? Non ho resistito. Ho scattato, non vista, una foto a questa tizia sul tram, ieri mattina.
Ero intenta nella lettura del pezzo di Michele Serra che si inserisce nella polemica innescata da Edmondo Berselli qualche giorno fa sui "format della politica". Roba pesa, insomma. Il semplificazionismo della destra, il complicazionismo della sinistra, bla bla.
Alzo lo sguardo per un secondo e vedo davanti a me questa tipa che, miracolo, legge un quotidiano. E' Libero, ok. Sempre meglio di TuttoTV.
Ha griffe dappertutto, forse pure sui capelli. D&G, Cavalli, Louis Vuitton (rigoramente finta, ovvio), stivalazzi da streghetta, bracciale poco discreto in argento reflex, occhialone ultimo grido Ray Ban opacizzato fumé.
E legge Libero.
Titolo di ieri: "Bancarotta Sicilia".

Mercato vs. stato, Bush vs. Keynes

Il titolo di questo post è solo uno specchietto per le allodole.
Potrei parlarvi di quell'articolo che Keynes scrisse nel '26, ben prima della crisi del '29.
O potrei invece parlare della scuola di Chicago e della teoria dello stato leggero.
Invece no. Sapete già tutto di mutui subprime, CDO, Asset Backed Securities e toxic assets.
Vi racconto di una cosa strana che mi è accaduta oggi pomeriggio. Mi accingo a telefonare a M.
Cellulare, rubrica, M., click.
Due squilli e dall'altra parte del filo non c'è M. ma una sconosciuta che parla di esami clinici, di bisogno di riposo. Insomma, sto intercettando mio malgrado una telefonata altrui. Click. Atterrisco.
Riprovo dopo qualche minuto. Di nuovo: la voce della stessa sconosciuta di prima. Stavolta indugio qualche secondo, non per morbosità, ma per stupore. Ri-click.
Ora, sono quasi sicura che alcune mie telefonate vengano intercettate (no, non è paranoia, fidatevi).
E. ed io ci scherziamo su.
Ci inventiamo al telefono attentati ai danni del Nano Pelato, attacchi kamikaze al ristorante Da Giannino mentre lo stronzo cena con le troie rumene, lanci di cavaletto (precisi, però), bombeammano a Milanello, autobombe a Cologno Monzese.
Sembriamo un pò Paz e Pert partigiani a San Menaio.
Non ho niente da nascondere e che qualcuno ascolti quel che dico mi importa sega.
Ma oggi. Oggi ho capito cosa provano gli intercettatori di professione (quanti saranno? Ce ne saranno multilingue, per carpire le conversazioni in arabo, rumeno, albanese?). E' terribile. Costretti a infilarsi nelle vite degli altri, ad ascoltare di malattie, confidenze, risate, liti, viaggi, pettegolezzi, soldi, banche, toxic assets.
E il cerchio si chiude (perfetto, no?).

La 7 (ovvero le cotiche, i muli e gli smart&clever)

Faccio zapping compulsivo fra Vespa che stasera parla di Lourdes - la madonna sa per quale diavolo di motivo -, Mentana che invece tratta di mignotte - mi sembra giusto, una donna o è santa o troia.
Tra i due scelgo Controcampo.
Il Milan stasera ha vinto a Reggio Calabria e tutto va bene.
Intanto i giornalisti di La7 scioperano. A 25 di loro oggi la proprietà (Telecom Italia, ndr) ha comunicato il licenziamento. In tronco (Natale).
Non voglio parlare dei perchè e dei percome il famoso "terzo polo", soffocato in culla, non sia mai decollato.
Voglio parlare del grande capitano d'industria che Bernabè ha piazzato sulla poltrona di amministratore delegato: Giovanni Stella.
No, nulla a che vedere con il più famoso Francesco Stella disegnato dal grande Paz.
Da tempo immemore uomo ombra di Bernabè (la collaborazione risale ai tempi dell'ENI) Stella è noto per essere un ruvido finanziere. Ha fama di risanatore, nell'ambiente. Il suo metodo preferito è il "metodo machete".
Stella, altrimenti detto "er Canaro", l'ho conosciuto di persona. Ho lavorato per lui. Non dimenticherò mai il suo muso contro il mio mentre mi urlava in faccia chissà cosa.
"Li soooordi, li soooordi!!!".
Si era ai tempi della rutilante gnu economi all'italiana, e Stella si occupava, per conto di Bernabè, di selezionare accuratamente (sic!) le aziende in cui investire, appunto, li sordi der padrone.
Casi pietosi. Sedicenti imprenditori che chiedevano 100 volte il valore del fatturato millantando competenze tipo faccio-siti-vedo-ggente.
Stella non ci capiva un cazzo.
Internet? Diavolerie.
Siti web? "Ma che cazzo state addì?"
E qui cominciava e finiva la sua competenza da talent scout de noantri.
E' superfluo aggiungere che le scelte che fece si rivelarono in breve fallimentari.
Altro che creazione di valore.
Terrorizzava i suoi collaboratori urlandogli dietro senza motivo. Umanamente uno schifo.
E dalla scorsa primavera è AD di La7. Antonio Campo dall'Orto ha dignitosamente rassegnato le dimissioni.
Per forza.
Fra lui e Stella c'è la stessa distanza che corre fra la terra e la luna.
Campo dall'Orto ha messo su una tv dignitosa, il migliore - imho - telegiornale in circolazione in Italia, il miglior palinsesto. Non raccoglieva abbastanza pubblicità, è vero.
Ma, signori, evviva!
Uno che ha avuto il coraggio di fregarsene di costi e ricavi. Un artista, a suo modo.
Chisseneimporta degli ingaggi e del fatturato.
Purtroppo arriva la resa dei conti e arriva Stella.
Appena insediato arringa la redazione: "I giornalisti si dividono in cotiche, muli e smart&clever".
Che classe.
Prende il machete e zac! Taglia un quarto della redazione. E questo è solo l'inizio.
Stella ha avvertito i giornalisti (me lo immagino, paonazzo, mentre urla) che scioperare va bene, ma se esagerano i licenziamenti potrebbero aumentare.
Tutta la mia solidarietà ai giornalisti che, forse, perderanno il posto di lavoro.
Auguri a tutti, cotiche, muli o smart&clever che siano.

martedì 23 settembre 2008

Suicidio Travel*

Il 16 settembre scorso l'Istat ha pubblicato le statistiche sul suicidio (e tentativi di) in Italia relative all'anno 2007.
Dai dati emerge che dei 2867 italiani suicidi nel 2007 il 77% sono maschi.
Gli italiani che compiono l'estremo gesto hanno più di 65 anni nel 37% dei casi, sono per lo più coniugati (40%) e ammalati (50%).
I motivi affettivi seguono la malattia, al secondo posto (39%).
Colpisce l'alta incidenza dell'impiccagione quale metodo più diffuso per farla finita (quasi il 40%, anche se fra le donne la via più seguita è la "precipitazione", 32% dei casi).
Interessante anche la distribuzione geografica: è al Centro-Nord che la gente si ammazza di più (73% del totale). Prova ulteriore, se ce ne fosse ancora bisogno, che in fondo la gente del Sud riesce a tirare avanti, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammece 'o passato.
Chicca finale: l'Istat rileva anche il numero di suicidi compiuti da nostri connazionali all'estero. Ed è la Romania il paese in cui maggiormente gli italiani decidono di gettare la spugna (un terzo dei suicidi all'estero si verifica lì).
Vediamo di dare un'interpretazione.
Dunque: l'italiano suicida è sposato, perciò al diavolo le teorie per cui chi vive in coppia campa di più. A quanto pare il fatto di avere un compagno non costituisce un deterrente all'insano gesto. Il suicida nostrano preferisce il buon vecchio metodo del cappio al collo: sufficientemente teatrale, di sicuro effetto. Niente da fare: siamo pur sempre un popolo di grandi attori, fino alla fine. Le donne preferiscono il folle volo: necessita meno preparazione ed è gesto per definizione istintivo e isterico (mò mi butto, mò mi butto!). L'impiccando deve pensarci su, uscire a comprare la corda, preoccuparsi del gancio, della sedia. Deve inoltre calcolare la distanza dal suolo, per non fare la fine di Bertoldo. Roba da maschi.
Il volo è femmina. E anche più coraggioso.
Il terrone si suicida meno. Per forza: mangia meglio, lavora meno e scopa di più. Alla faccia della monnezza e della camorra.
Degli italiani con la valigia - non è dato sapere se per lavoro o diporto - sono quelli emigrati in Romania i più tristi, tanto da voler chiudere la partita con la vita. E come dev'essere penoso farlo lontano dalla patria!
Li vedo ancora, gli imprenditori del Nordest che cinque anni fa sono partiti in pompa magna verso la terra di Dracula all'urlo di "esternalizzazione produttiva".
Non dev'essergli andata molto bene.

* Bobo Rondelli, Stefano Bollani - Disperati intellettuali ubriaconi

lunedì 22 settembre 2008

Ipsa dixit 2 (con due occhiaie grosse così)

Ma le avete notate le occhiaie della Gelmini? Ora, questa donna e la sottoscritta hanno in comune una sola cosa: l'età. Ma io non ho quelle occhiaie lì.
Gelmini, usa una buona crema.

Ipsa dixit

Ore 23.40, Porta a Porta, Raiuno.
Ministra Gelmini: "La scuola è un'agenzia formativa, non un modo per creare occupazione."

L'illusione

Tira fuori Gabriele Romagnoli dalla mia libreria e mi chiede com'è, se mi è piaciuto.
Gli rispondo che sì, mi è piaciuto, che ha un tipo di scrittura "evocativa", per immagini. Che lo trovo dolce e decadente, e che leggo sempre i suoi pezzi su Rep.
Non ho mica capito se a lui piace oppure no.
"Non capisco perchè sul giornale facciano scrivere questi che guardano il mondo attraverso la televisione o al massimo da una camera d'albergo. Prendi quello, per esempio: guarda le partite in tv e tac, il giorno dopo esce il megacommento, tutto senza che abbia alzato un dito."
Certo, lui si fa il culo, dice. E capisco la sua frustrazione.
Dietro al grande nome spesso non c'è quello che vorremmo trovare: intellettuali colti, viaggiatori che si sporcano le mani, fini conoscitori dell'animo umano.
Ci sono solo persone.
E, vi assicuro, è meglio non sapere niente dei vostri beniamini, che siano essi scrittori o giornalisti.
Molto meglio continuare a illudersi che siano loro, proprio loro, a scrivere i pezzi.

Uccidi il tuo analista (Gabriele Romagnoli)

Uccidi il tuo analista.
Riscrivi da sola la tua biografia: non contano i traumi, riviviti attraverso i momenti di gloria. Cercali, ci sono stati.
Tuo padre non ha mai abusato di te. Abusavi tu, del suo presunto dovere, del suo affetto, della sua debolezza. L’hai ripagato il giorno in cui hai fatto o non fatto qualcosa perché, solo perché, lui esisteva. Siete pari. Non hai nessun debito.
Hai eliminato il tuo bambino. Hai creato, anni dopo, il tuo bambino. Erano la stessa anima. Prova a pensare come i drusi: esiste, di anime, un numero limitato. Si è reincarnato per tornare dove era destino. Abbraccialo due volte e ogni cosa andrà al suo posto.
Uccidi il tuo analista.
Entra nella vita come nei sogni. Delle due, dimentica la realtà. E’ altrettanto trascurabile. Fluttua, ne sei capace. Non c’è bisogno di spiegazioni.
Non diventerai mai come tua madre, non preoccupartene. Di’ al tuo uomo che non ha bisogno di verificare, per calcolarsi il futuro. Se sospetti di stare con l’uomo sbagliato, non stai con l’uomo sbagliato: lo stai già lasciando.
Attenzione: nello specchietto retrovisore appari meno bella di quello che sei.
Uccidi il tuo analista.
Non hai nessun bisogno di essere cinica, di leggere una rivista per ciniche. Non sei le scarpe che porti né il lavoro che fai.
Non c’è una sola delle tue fantasie che non possa essere gioiosamente condivisa. Ci sono molte cose che non sai di te, ma non sarà un altro a svelartele. Morirai con qualche curiosità senza risposta, ma va bene così: sollecita un secondo giro. Morirai, ma hai diritto a una lunga vacanza, da qui ad allora. Non hai bisogno di un editore, scrivi la tua autobiografia vivendola, pubblica te stessa.
Uccidi il tuo analista.
E non avere rimorsi il venerdì dalle cinque alle sei.

Gabriele Romagnoli, Solo i treni hanno la strada segnata, Mondadori.

venerdì 19 settembre 2008

Montanelli amarcord

"Veramente la scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime. L'Italia della marcia su Roma, becera e violenta, animata però forse anche da belle speranze. L'Italia del 25 luglio, l'Italia dell'8 settembre, e anche l'Italia di piazzale Loreto, animata dalla voglia di vendetta. Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo."

Indro Montanelli (intervista a La Repubblica, 26 marzo 2001)

giovedì 18 settembre 2008

Dilemmi

Un giorno ti apri un blog, ormai non c’è nulla di nuovo.
Non so perché uno a un certo punto decida di aprirsi un blog. Nel mio caso, posso tentare un’interpretazione. E’ dal 1994 che uso Internet, la posta elettronica etc. A causa della (o grazie alla) mia morbosa curiosità ho sperimentato quasi tutto: dalle BBS primordiali agli esperimenti di rete civica - ah, i tempi di Recsando! – ai newsgroup giù giù fino ai social networks. Quello che mi muove è sempre e solo la curiosità e anche il timore di invecchiare e non sapere quello che accade di nuovo, di restare indietro.
Ci sono quelli che hanno un blog tematico, che si occupano solo dell’effetto serra oppure dell’estinzione dei panda. Ci sono poi quelli che invece parlano di tutto e niente, perché è bello dire la tua e possibilmente condividerla con chi ti legge, non importa quanti.
Ma un dilemma non l’ho risolto: è giusto che nel tuo blog finiscano pezzi della tua vita, quindi amici, amori, viaggi, incontri, disavventure, libri, vestiti…? E’ inevitabile, più che giusto. Però mi sento sempre sul filo del dubbio, quando si tratta di scrivere di persone a me care. Che diritto ho a mettere in piazza fatti che oltre che miei sono anche loro?
E’ giusto, D.?

mercoledì 17 settembre 2008

Anestesia politica

Oggi passeggiavo toma toma cacchia cacchia in Via Vittor Pisani, e ponza riponza scatta l'illuminazione. Che, più o meno, è questa: menomale che ci siamo tolti dalle palle la vecchia sinistra!
Godo nel sentire il brusio lamentoso di quelli che non si sentono rappresentati - consolatevi con Luxuria all'isola, tiè - nè in Parlamento nè sulla stampa.
Godo, mi vergogno per tutti coloro che hanno votato Bertinotti e, ancor peggio, la marmaglia dei Diliberti (a propò, dov'è finito?), dei Rizzi, dei Carusi.
Di sinistra, certo. Portafogli a mantice, razzisti travestiti da radical-chic.
Si lamentano, sai che novità.
Beh, in democrazia ha diritto a essere rappresentato chiunque raccolga dei voti.
Traggano costoro le debite conclusioni.
Mi chiedo piuttosto se ci sia un problema di rappresentanza per gli elettori democratici.
Un partito in effetti c'è, occupa scranni in Parlamento ma, a quanto pare, gli elettori democratici neanche loro si sentono rappresentati.
Ciò è più grave: il partito c'è ma non si vede.
La malattia strisciante, l'indifferenza che come un gas penetra in tutti i pertugi e anestetizza, è palpabile. E inevitabile, pure.
Viviamo al tempo delle macerie. Dappertutto se ne vedono: la stampa, l'Alitalia, la sinistra massimalista (deo gratias!), il costume e avanti così.
E di tempo ce ne vuole, per risollevarsi da tutto questo.
Ci vorrebbe un Piano Marshall.
Certamente meglio del Piano Fenice.

Massì, sfaciamo tutto!!!









Da Repubblica.it, ore 18.01.

Alitalia, oggi ci siamo domani chissà

E' tornato Franco Cordero!

Forse gli fischiavano le orecchie, a Cordero.
Dopo tante evocazioni eccolo che stamattina ci delizia su Rep con l'ennesimo, mai noioso, fondo sulla proposta di riforma dell'azione penale (obbligatoria o no?) avanzata dai berluscones.
Sono riuscita a leggerlo sono una volta e, come si sa, il fondo lo capisci solo dopo la terza lettura.
Perciò ci aggiorniamo a domani, forse.

martedì 16 settembre 2008

Animalismo Ultras - Michele Serra

La riapertura del campionato di calcio italiano è l'evento più atteso dell'anno per zoologi e naturalisti di tutto il mondo, che scendono nel Belpaese armati di binocolo con la certezza di poter studiare da vicino, nel loro ambiente naturale, i più numerosi branchi di ultras del pianeta. Divisi in sottospecie (il panzone buzzurro, il magretto nevrastenico, il nazista rionale, il trucido stagionato, il ragioniere frustrato, eccetera), gli ultras italiani appassionano gli studiosi per la natura straordinariamente composita del loro comportamento: migrano come gli gnu, si nutrono come i varani inghiottendo panini dell'autogrill interi e completi di tovagliolini di carta, rosicchiano le poltrone dei treni come i ratti, si espongono nudi alle intemperie come i trichechi, sudano come il mulo, si ammassano a migliaia in spazi minimi come le termiti, mostrando le natiche in segno di sfida come il mandrillo, scrivono e leggono solo in stampatello come Alberto Tomba. La loro scatola cranica è di dimensioni simili a quelle di homo sapiens, ma il cervello, di dimensioni ridotte, galleggia in una sospensione gassosa formata da vapori di birra, pregiudizi razziali e titoli di studio polverizzati. La loro presenza sul pianeta è oggetto di un animato dibattito: secondo alcuni gli ultras sono l'anello mancante, secondo altri il frutto dell'esperimento di uno scienziato pazzo che voleva creare la razza perfetta incrociando uno spacciatore napoletano e un assessore veronese, secondo altri ancora sono la smentita vivente delle teorie evoluzioniste: ogni successiva generazione di ultras compie infatti notevoli passi all'indietro nella scala evolutiva, come si può constatare leggendo gli striscioni, scritti sempre più grossi e contenenti cazzate sempre più evidenti. Chiuso in laboratorio con striscioni bianchi e un pennarello, un giovane esemplare maschio di ultras, Beppe, ha tracciato scritte contenenti le sole due parole a lui note, 'onore' e 'infami', in tutte le combinazioni possibili. Poi ha cominciato a scrivere solo aste e quadratini.
Poi a soffiarsi il naso nello striscione. Infine, ha mangiato il pennarello. Nonostante il grande interesse scientifico della specie, la presenza degli ultras nel territorio, allo stato brado, fa discutere. Gli animalisti sono convinti difensori degli ultras, ma creano disastri introducendosi di notte nei laboratori e liberandoli dai gabbioni: distante dalle fonti di cibo (l'autogrill) e separato dal branco, l'ultras non è in grado di provvedere a se stesso e soprattutto, in mancanza di nemici, si accoltella da solo seguendo il suo istinto. Un altro problema è costituito dalla vista esclusivamente frontale: abituato a fronteggiare la curva nemica, l'ultras, in qualunque situazione, punta diritto davanti a sé. Lo sa bene il personale carcerario, che quando libera un ultras deve avere l'accortezza di farlo uscire dalla parte del carcere orientata verso il suo domicilio, perché l'animale comincia a correre verso l'orizzonte urlando e minacciando un punto X situato sempre frontalmente. Tra i provvedimenti allo studio del ministero degli Interni: il lancio di quarti di bue in curva, mediante catapulte, per rabbonire i branchi più inferociti. Il recupero sociale avviando gli ultras verso attività meno pericolose, per esempio scippi e rapine. L'affidamento ai principali circhi europei, con domatori particolarmente energici, o ad appositi parchi zoologici a forma di curva dove i visitatori potranno nutrire gli ultras lanciando mele e noccioline. Infine, l'inserimento nel campionato italiano della Dinamo di Novosibirsk: seguendo la squadra in trasferta molti ultras, a torso nudo anche d'inverno, non riuscirebbero a fare ritorno.

L'Espresso, 5 settembre 2008

Blogfest - Parte due (che fatica)

Devo sintetizzare. Altrimenti da questo post non ne esco più.
Ristoranti, pioggia e chiacchiere a parte, cosa mi resta della Blogfest?

1. Un occhio nero. Domenica pomeriggio non ho visto il vetro della porta automatica al Palazzo
dei Congressi e ci ho sbattuto contro con tutti i sentimenti. Figura di merda, sopracciglio spaccato (poco per fortuna) ed ematoma alla Million Dollar Baby.


2. La contrapposizione fra blogosfera e informazione tradizionale. Molto di questo abbiamo discusso con G. e G., anche in camera da letto. I blogger reclamano maggiore visibilità e una parificazione de facto del loro meritorio e volontaristico impegno al mestiere blasé del giornalista. Leggi: i giornalisti hanno un ordine e scrivono spesso delle schifezze, i blogger no e scrivono spesso cose interessanti; perché allora non fare in modo che gli utenti (i lettori) abbiano la possibilità di informarsi a prescindere dal prestigio della penna o della testata?
Argomento parzialmente condivisibile, e io non lo condivido. L'appartenenza all'ordine dovrebbe tutelare il lettore sulla veridicità , l'attendibilità e la correttezza dell'informazione, e così in effetti fu concepito, a garanzia del lettore.
Sappiamo però tutti quanto questa sia un'utopia, in Italia; che l'ordine non tutela gli interessi dei lettori ma è garante principalmente degli interessi dei suoi accoliti. Tutto vero. Che si riformi l'ordine, allora: non sono d'accordo a buttar via il bambino con l'acqua sporca.
Di queste cose avrei voluto si parlasse alla tavola rotonda del sabato, che tanti delusi ha generato e che, come ricorda Luca de Blasi qui, invece è diventata l'ennesima occasione per parlarsi addosso impedendo ai presenti in sala di porre domande (non c'era più tempo, dicono).
3. Filippo Facci. Come definirlo? Un adorabile coglione? Un detestabile furbastro?
Non lo so. So che le sue considerazioni mi sono piaciute, mentre i suoi interventi da Ferrara o Vespa a suo tempo mi avevano ripugnato.
Tant'è che ha vinto il Macchianera Blog Award come "Il blogger più cattivo".
Peccato Facci non abbia un blog.
Mi dicono che tiene una rubrica quotidiana su Il Giornale, una specie di anti-Serra. Posto che non sostituirei l'Amaca quotidiana con nient'altro, sono proprio curiosa, ora che l'ho visto in vivo, di leggerlo. Speriamo si possa fare online.

Blogfest - Two days after

Visto che la pigrizia è l'essenza di questo blog non potevo smentirmi scrivendo un post sulla Blogfest in tempo reale. Quindi eccomi qua con la minisintesi decantata due notti e due giorni.
Innanzitutto non pensavo che ci volesse così tanto per arrivare a Riva del Garda e non pensavo che la sponda occidentale del lago fosse così bella. Una specie di costiera amalfitana lacustre: la strada stretta e curvosa, gallerie scavate direttamente nella pietra, i limoneti, Salò, il Vittoriale... Ci tornerò sicuramente.
La compagnia è perfetta: con G. si discorre pacatamente del più e del meno.
Abbiamo visioni opposte sull'uso dei navigatori satellitari ("Ormai non mi muovo senza Tomtom" dice lei, "Per carità, io ho bisogno di perdermi", le rispondo io) e in effetti nessuna delle due sa quale sia l'uscita dell'A4 giusta per Riva. Andiamo un pò a caso e tutto va per il meglio.
La sistemazione. L'ostello è meglio di un hotel italiano tre stelle. Alla faccia delle amiche che ma siete matte alla vostra età andare in un ostello della gioventù!. Sulla gioventù potrei anche essere d'accordo, ma che a quasi 35 anni si debba per forza scendere in un resort 5 stelle con sauna, piscina e accappatoio incorporato mi sembra una sonora cagata. Per il semplice fatto che non ciò soldi (e forse dovrei preoccuparmene, a quasi 35 anni) e che 20 euri al posto di 400 sono un bel risparmio.
Venerdì arriviamo appena in tempo (meglio: in ritardo) per la visita guidata al MART di Rovereto, niente Bernabé. Peccato, l'avrei salutato volentieri, anche se dubito si ricordasse di me.
Il museo è decisamente bello, sia l'architettura esterna, sia le mostre che ospita. Eurasia, tre artisti tedeschi di cui mi sfuggono i nomi, l'impressionismo fino a Seurat.
Attimi di panico: temo di aver perso il portafogli, ma lo ritrova G. in auto. Intanto ho già perso il badge.
Si ritorna a Riva, si cerca un ristorante ma le dieci di sera sono notte inoltrata per le cucine. Non si mangia più e ripieghiamo su una pizzeria qualunque.
Giro per il paesino, incantevole, drink sulla sponda del lago, la rocca, passeggiata igienica, nanna.
Fine delle prima puntata. (Cheppalle stò post).

venerdì 12 settembre 2008

Blogfest preparation

Yawn. Questo blog è troppo giovane per ricordarsi di un post di prima mattina.
Poco male, questo sarà il primo.
Sto per partire con G. verso la Blogfest. Mi aspetto di divertirmi, di sentire cose interessanti e incontrare gente simpatica.
Vedremo.

giovedì 11 settembre 2008

Tutti alla Blogfest!

BlogFest 2008: Io ci sono!

Vado alla Blogfest.
A vedere l'effetto che fa.
Curiosona.
:-)

Bad family

Altan su L'Espresso di domani.
Che poi fa scopa con i dati recenti sulle separazioni simulate. Pare che il 5% del totale delle separazioni in Italia risponda all'esigenza di sfuggire alle grinfie del fisco.
Valentina Conte lo spiega qui.

Postilla al post su Franco Cordero

Dicevo che Franco Cordero divide.
E infatti: ho trovato questa interessante discussione che ne dà una conferma.

Fenomenologia di Franco Cordero

Vorrei parlare di Franco Cordero.
Cordero è, prima di tutto, fine giurista, ma anche erudito scrittore di saggi e romanzi (mea culpa, non ho letto niente di suo fuorché i suoi editoriali su Rep: mi riprometto al più presto di colmare la lacuna).
Dopo la lettura di un suo editoriale si dànno due casi.
Il primo: ti senti uno stupido, stordito dalle decine di citazioni dal latino, annichilito dallo stile involuto, ferito nell'orgoglio per non aver capito almeno metà della storia.
Il secondo: provi la sensazione di essere davanti a qualcuno che scrive per davvero, magari hai messo mano qualche volta al dizionario (Cordero ti ci ha finalmente costretto), hai riletto l'articolo tre volte e ogni volta hai trovato la chiave per comprendere questa frase o quella citazione.
Mi riferisco qui solo allo stile, ché se si parlasse anche del contenuto - e cioè tipicamente le scorribande giuridiche del "Signor B.", altrimenti detto "Caimano" - il discorso si farebbe ancor più complicato.
Insomma: Cordero divide i lettori, lo si può facilmente immaginare.

Personalmente ricado nel caso numero due: leggere un suo editoriale mi ha costretto a ragionare, a rileggere e a cercare un dizionario, cosa rara di questi tempi.
Vorrei che Franco Cordero si leggesse più spesso.
Vorrei che il nostro amato Direttore gli dèsse più occasioni: che Cordero scriva dello stato attuale della scuola e della cultura in Italia, ad esempio; avrebbe l'altezza morale e la maestrìa stilistica per farlo e deliziare - una volta tanto - i lettori di Rep, di cui evidentemente non si ha elevata stima.

Cordero è comparso il 22 luglio con un fondo a dir poco meraviglioso, "La quiete del manovratore" (lo trovate qui), sull'immunità alle figure istituzionali di cui a lungo si discuteva in quei giorni. Poi più nulla.
D'accordo, le vacanze.
Quanto ancora dovremo aspettare?

lunedì 8 settembre 2008

Il torracchione

Qualche giorno fa – quando si dice il lento lavorìo della memoria – ho collegato due fatti che, presi a sé, avevano poco significato ma che, messi assieme hanno sviluppato una potenza deflagrante.

Il primo fatto.

Il mio ufficio è situato all’interno di Palazzo Montecatini, a Milano. Si tratta di un edificio progettato da Giò Ponti nel 1935, in piena epoca fascista, bell’esempio di architettura razionalista.

Quando ho iniziato a lavorare qui, circa un anno fa, ignoravo completamente tutto questo.

Semplicemente mi piaceva, ne ammiravo l’austerità la bella facciata di marmo verdognolo punteggiata dal vetro delle finestre.

Il secondo fatto.

Nel 1954 quarantatre operai muoiono nella miniera di Ribolla a causa di un’esplosione. Teatro del disastro è una miniera della Montecatini; Bianciardi e Cassola documenteranno la tragedia nell’inchiesta dal titolo “I minatori della Maremma”. La solenne incazzatura di Bianciardi per l’indifferenza con cui l’azienda aveva archiviato il grave incidente è all’origine – nella finzione – della venuta del suo alter ego a Milano, con il preciso scopo di far saltare in aria – non è una metafora - il simbolo di quel potere economico distante e inumano.
E il simbolo qual è?
Proprio il palazzo della Montecatini, che Bianciardi ribattezza “il torracchione”, felice sintesi di disprezzo e ironia tutta toscana.

Per un curioso artificio della memoria, dicevo, ho collegato il primo fatto al secondo fatto e il risultato è che io lavoro all’interno di quel torracchione che Bianciardi voleva far scoppiare nel 1962.

Lui ci provò con scarsa volontà e pochi risultati. Si limitò a prendere contatti con una dirigente dell’allora Montecatini che era stata messa da parte in quanto sindacalista – oggi si direbbe mobbizzata – e isolata in un ufficio periferico, irraggiungibile dai più.

Mi sento inconsapevolmente colpevole. Dovrei forse provare anch’io a progettare lo scoppio di questo luogo tanto bello fuori quanto orrendo dentro.

Bianciardi non ci riuscì. E forse non ci riuscirà nessuno.

L'assorbimento

Sì, sono tornata dalla vacanze, ormai è passato remoto, ormai.

Lasciarsi assorbire dal sistema, da Milano, è sempre più faticoso. Deve essere l’età e la maggiore consapevolezza che la maturità comporta.

Considerazioni filosofiche a parte, la verità è che se già a luglio non avevo voglia di lavorare, adesso non so proprio cosa fare.

E allora la mente vaga, vola lontano. Un po’ vola verso le coste frastagliate del Salento, un po’ va alla frisella pucciata nell’acqua di mare, condita con pomodorini e mangiata con M., in silenzio e in pace; alle rocce a strati di Salina, ad Alfredo e a quella granita di gelsi celestiale; allo Stromboli con il suo pennacchio di fumo, a San Menaio e alle foto di Paz (seguirà post) quand’era ragazzino, alle strade impervie della Lucania e alla stanchezza del viaggio.

Ma ora bisogna farsi assorbire di nuovo. Oppure no?